ChatGPT ha creato un’ondata di panico all’interno di diversi ambienti lavorativi. L’IA potrebbe infatti rimpiazzare diverse mansioni.
La rivolta che sta coinvolgendo le maestranze più creative del mondo dei film e della tv ci mostra che c’è un problema legato all’utilizzo delle intelligenze artificiali nel mondo del lavoro.
Sono tuttavia accaduti fatti come il necrologio affidato a una IA, apparso sul portale MSN di Microsoft e che ha fatto infuriare tutto il mondo del basket. Questi eventi ci dimostrano che affidarsi completamente alle intelligenze sintetiche, almeno per ora, non è la mossa più intelligente da fare.
Perché se è vero che, come successo a una delle testate tedesche più famose del mondo, parte dei giornalisti sono stati rimpiazzati nelle testate locali da colleghi che lavorano aiutati da sistemi come ChatGPT con evidente risparmio economico, è anche vero che proprio le IA generative sono ancora lontane dal poter fare tutta una serie di cose. E forse uno dei compiti che non riusciranno mai a fare è quello di chi le ha generate.
I traduttori, gli autori, anche i musicisti e gli artisti sembrano poter essere scambiati con una intelligenza artificiale generativa. E di certo ci sono società e realtà, nonché soggetti singoli, che vedono nella possibilità di eliminare queste voci di spesa come un progresso. Ma si tratta in realtà di un errore di giudizio che rischia di essere pagato caro.
E ancora più dispendioso (economicamente e in termini di reputazione) sarebbe cadere nell’errore di pensare che insegnare a una intelligenza artificiale generativa come si scrivono stringhe di codice possa eliminare il bisogno di avere programmatori, quelli che adesso si chiamano software engineer.
ChatGPT, con un prompt scritto e organizzato a dovere, è effettivamente in grado di scrivere pezzi di HTML e di altri codici perché li conosce ma quello che scrive di solito è talmente pieno di buchi e di bug da aver bisogno di una buona dose di pazienza tutta umana per rimettere a posto e far funzionare quello che ha scritto.
Tra le professioni di domani ci sarà quindi ancora spazio per i programmatori che si troveranno forse ad avere come assistente una intelligenza artificiale come ChatGPT. A questa non sarà ovviamente possibile chiedere di scrivere un codice ma magari chiedere un feedback o fare brainstorming se ci si trova in un vicolo cieco. La complessità che cresce in maniera esponenziale non può essere affrontata da un altro prodotto dell’intelligenza umana. Sarebbe come chiedere alla bambolina piccola delle matrioske di rimettere insieme le matrioske più grandi dall’interno.
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