Interessante innovazione tecnologica sviluppata dall’Università di Melbourne con la possibilità di realizzare una sorta di vernice alias gel di silice che funziona come un pannello solare o meglio dire fotovoltaico generando energia sfruttando, però, l’umidità nell’aria. Funziona in molto intelligente e potenzialmente potrebbe rivoluzionare il settore.
Funzionano in modo molto semplice: sono vere e proprie celle a combustibile a idrogeno; il gel di silice (solfuro di molibdeno sintetico) applicato alla tinta funge da semi-conduttore energetico favorendo la scissione degli atomi di acqua in idrogeno e ossigeno. L’importante è che ci sia un tasso di umidità elevato nell’aria per funzionare.
Ma non sono gli unici esempi di pannelli solari particolari. Le celle solari attuali sono infatti principalmente piatte e devono accogliere i raggi secondo una precisa direzione e angolazione per rendere al meglio, altrimenti potrebbero garantire una rendita molto inferiore al top. Ma la società giapponese Kyosemi aveva già confezionato un lustro fa un prototipo del tutto particolare chiamato Sphelar che già dal nome svela la sua particolarità. Sono sferiche, anzi semi-sferiche.
I pannelli solari sferici possono captare i raggi da qualsiasi direzione. Le micro celle non hanno così la necessità di essere motorizzate come diversi impianti che si spostano come girasoli per cercare di posizionarsi sempre nella direzione più conveniente rispetto alla nostra stella. Questo sistema ha un altro vantaggio che esula dalla mera “comodità” di un’efficienza moltiplicata.
Possono infatti captare la luce riflessa oltre a quella solare diretta dunque possono così convertire più sorgenti contemporaneamente per una resa migliore, teoricamente. Ora si dovrà però passare alla pratica per comprendere se tutti questi buoni propositi potranno essere convertiti in energia utilizzabile. Esteticamente Sphelar ricorda una via di mezzo tra un’insalatiera e una grattugia.
Merito delle tante micro-celle che a loro volta compongono la cella sferica. Secondo le prime stime l’efficienza è calcolata nel 20%, un dato onesto e non troppo futuristico.
Il team di ricercatori presso Università di Stanford, con a capo il dottor James Loudin, realizzava nel 2012 una retina artificiale alimentata da micro-pannelli solari che traggono in ogni momento l’energia necessaria al loro funzionamento dalla nostra stella.
Così, hanno ripristinato la vista ad alcuni ratti di laboratorio. Il sistema si avvale di un sensore video-fotografico montato su un supporto ad occhiale, che “vede” ciò che avviene davanti al soggetto restituendo le informazioni digitalizzate a un impianto che, di fatto, va a sostituire le funzionalità dei fotorecettori malfunzionanti. Un processo che elimina la necessità dei tanti fili, proprio grazie al pannello fotovoltaico integrato.
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