Twitter compie 10 anni e non è forse un caso che il social del microblogging festeggi il suo decimo compleanno in occasione dell’arrivo della primavera. Perché mai come adesso Twitter avrebbe bisogno di una nuova rinascita, che lo faccia sbocciare definitivamente e che possa spolverar via dalla sua giacchetta l’aura del bello ma incompiuto che da sempre lo “perseguita”. O se vogliamo definirlo in modo più popolare, dell’alunno che “ha ottime potenzialità ma non si applica per esprimere al massimo tutto il suo talento”.
TWITTER, 10 ANNI DI STORIA
I 10 anni di storia di Twitter sono iniziati esattamente il 21 marzo del 2006: proprio in quel giorno uno dei suoi fondatori, Jack Dorsey, ha inviato il primo tweet, il primo cinguettio della storia (l’uccellino è da sempre il simbolo di questo social network). Da quel momento Twitter ha vissuto momenti altalenanti: social assai popolare negli Stati Uniti, utilizzato soprattutto dai professionisti della comunicazione e in grado di anticipare, molto spesso, le notizie poi presenti sulle testate giornalistiche, in Italia ha sempre fatto fatica ad imporsi.
In Italia Twitter ha iniziato a conoscere maggiore popolarità soltanto qualche anno dopo, quando il social ha cominciato a ricevere “spinte” da parte di personaggi famosi, Fiorello su tutti. E oggi è riuscito in parte a catturare anche la fiducia dei giovanissimi, che lo utilizzano soprattutto per seguire le loro amate star e che spesso riescono a monopolizzare i trending topics del giorno. Grazie a Twitter è stato introdotto il concetto di hashtag e in Italia ha preso piede la moda di commentare i programmi tv sul social, in quella che appare spesso come una sorta di diretta in grado di risollevare anche le sorti di programmi che altrimenti resterebbero piuttosto anonimi.
10 ANNI DI TWITTER: DIAMO I NUMERI
Nel corso dei suoi primi dieci anni di storia, Twitter è riuscito a raggiungere la cifra di 320 milioni di utenti attivi. Un numero molto alto ma che si ridimensiona fortemente se accostato a quello di Facebook, vicino al miliardo e seicento milioni di utenti in tutto il mondo. Negli ultimi tempi si è poi parlato spesso di crisi o di morte di Twitter: da quando è nata, l’azienda non sarebbe mai riuscita a chiudere un bilancio in attivo e dalla quotazione in borsa – avvenuta circa tre anni fa, nel 2013 – il valore delle azioni avrebbe perso il 50 per cento. Se a tutto ciò si aggiungono anche il calo di interesse verso Twitter e la crescita di altri social (Snapchat su tutti), parlare di “morte” di Twitter non pare comunque un azzardo. Jack Dorsey ha però replicato spesso che Twitter è tutt’altro che morto e che continuerà ad esserci anche fra vent’anni.
I CAMBIAMENTI PIU’ IMPORTANTI IN 10 ANNI DI TWITTER
Una delle rivoluzioni più importanti per Twitter, nel corso dei primi dieci anni della sua storia, è stata senz’altro l’aver sostituito, piuttosto di recente, le stelline con i cuoricini. Ma non solo, perché il Twitter attuale appare assai diverso rispetto a quello, piuttosto scarno, che apparve agli albori e che diverso tempo si è presentato soprattutto come social in cui postare pensieri e news veloci da 140 caratteri e basta. Oggi su Twitter è possibile pubblicare anche video di 30 secondi (catturati al momento oppure presenti sul rullino fotografico), gif, foto multiple, link), è possibile arginare il limite dei 140 caratteri commentando i post che si retwittano, è possibile aggiungere immagini di sfondo al profilo. Di recente è stata anche aggiunta l’implementazione con Periscope (l’app di Twitter per le dirette streaming).
I TWEET CHE HANNO FATTO LA STORIA
Sono stati molti i tweet fondamentali nei primi dieci anni di Twitter. Fra questi è opportuno segnalare:
Il primo tweet di Jack Dorsey, uno dei fondatori del social
Il tweet della rielezione di Barack Oabama, che resta uno dei più condivisi di sempre
Il tweet del selfie collettivo di Ellen DeGeneres e altri attori nel corso della notte degli Oscar (che ha dato impulso anche alla moda del selfie)
Il tweet su Charlie Hebdo pubblicato in seguito all’attacco terroristico che ha provocato la morte di molti che lavoravano lì (Je suis Charlie, di Joachim Roncin)