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Un telescopio nelle lenti a contatto

Il telescopio più compatto? Può stare nelle lenti a contatto: è questa l’incredibile novità presentata dalla École Polytechnique Fédérale de Lausanne (EPFL) in Svizzera con il sostegno dell’americana DARPA. Questo sistema può essere applicato all’occhio, è composto da lenti di plastica comunemente utilizzata in questo sensore, ma integra una serie di specchi di alluminio che consentono di effettuare corposi ingrandimenti… strizzando l’occhio. Come funziona? Si basa su uno speciale liquido di vetro connesso a un sistema elettronico che può polarizzare la luce da differenti angoli: con un occhiolino dall’occhio destro si ingrandisce, con il sinistro si diminuisce e battendoli insieme non succede niente, ovviamente.

Per ora queste lenti funzionano solo per 30 minuti perché l’ossigeno rovina subito il sistema, ma è previsto migliorare questo limite consentendo anche all’occhio di poter “respirare”. Ma a cosa potrebbero servire? A particolari patologie della vista che non sono risolvibili se non con occhiali speciali.

Lenti a contatto Google per monitorare il livello di insulina

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Che Google stia lavorando a un paio di lenti hitech non è un mistero, anzi è ormai di pubblico dominio dopo che le porte dei segretissimi (mah, più o meno) Google Labs erano state aperte qualche mese fa. L’idea è quella infatti di creare un supporto direttamente a contatto con gli occhi per un visore che più privato non c’è. La novità è che si è passati alla fase “pre-produttiva” con la realizzazione di prototipi funzionanti. Si è stretto un accordo con la società multinazionale farmaceutica Novartis per un’applicazione medica di questo gadget dal grande potenziale: saranno infatti utilizzate per misurare i livelli di insulina nei pazienti diabetici. Grazie a sensori e microchip integrati, potranno monitorare costantemente il livello di insulina e – nel caso di pericolo avvertire tempestivamente l’utente. E anche il medico.

Google e le lenti a contatto che scattano foto con un occhiolino

Google ha presentato un’interessante novità che è uscita direttamente dalle stanza dei Google X lab dove si lavora sul futuro: stiamo parlando di uno speciale tipo di lenti a contatto che includono componenti elettronici e biosensori in grado di monitorare costantemente lo stato di salute dell’utente. Ma non solo perché includono anche una vera e propria fotocamera che consentirà di andare a scattare ad esempio foto con un gesto specifico ad esempio un rapido occhiolino. Ma non solo perché basterà fissare per qualche secondo una persona per avviare una ricerca di informazioni sulla stessa: si recupereranno le pagine sociali che la vedono protagonista grazie a un sistema di riconoscimento facciale evoluto. Ma si parla anche di medicina. Nello specifico si rivolgono ai pazienti che soffrono di diabete andando a calcolare il livello di glucosio nel sangue evitando in tal modo i continui controlli mediante piccola puntura di uno spillo nei polpastrelli. Tutto è miniaturizzato con tanto di micro antenna grande quanto un capello umano e luci LED che servono ad avvertire nel caso il livello sia salito in modo pericoloso. Non è la prima tecnologia che riguarda le cosiddette “lentine”, vedi dopo il salto.

Un computer nelle lenti a contatto

Un computer dentro la lente a contatto? Potrebbe arrivare nel prossimo decennio: lo schermo è già bello che pronto grazie a una tecnologia sviluppata dall’Università di Gand in Belgio, più precisamente presso il Centre of Microsystems (Cmst). Come funziona il prototipo? Per ora è piuttosto basilare con una lente che include un display LCD ovviamente ricurvo e flessibile per aderire alla superficie dell’occhio. Proiettando in trasparenza immagini, scritte e quant’altro, le lenti a contatto LCD potranno permettere a chi le indossa di vedere in sovra-impressione uno strato di informazioni arricchite in realtà aumentata. Le possibili applicazioni sono molteplici, scopriamole. Nell’attesa dei computer sempre più piccoli e indossabili, che magari potranno essere fissati dietro l’orecchio oppure a mo’ di ciondolo, lo schermo è già pronto. E magari chissà fra quanto tutto sarà direttamente integrato proprio nella lente. Le lenti a contatto LCD a realtà aumentata dell’Università di Gand possono compiere diversi ambiti. Con un solo grande cristallo liquido si scuriscono in caso di sole intenso fungendo da schermo protettivo oppure possono visualizzare contenuti visibili solo all’utente stesso. Rimane da perfezionare il resto ossia la parte più delicata: la trasmissione dati (necessariamente wireless) e l’approvvigionamento energetico. Ma il tempo potrebbe dare le risposte.

Le lenti a contatto LED


 
La Realtà Aumentata è una delle più interessanti innovazioni tecnologiche di fine decennio scorso in ambito software, se incontra poi un’applicazione non solo divertente ma soprattutto utile, unendosi con il 3D allora forse si è trovata una vera tecnologia in grado di rompere col passato. Ancora una volta il supporto fisico scelto è la lente a contatto ossia il mezzo più immediato e diretto per giungere in prima persona all’utente. Ma come funziona e come potrebbe evolversi questo progetto dell’Università di Washington destinato in primis ai malati di diabete e più in esteso alla platea mondiale? Descriviamo il progetto in poche righe: la lente a contatto LED si applica come una normale “lentina” salvo mostrare il suo potenziale proiettando direttamente in retina – e dunque, dalla prospettiva dell’utente, nel campo visivo – informazioni e migliorando la visuale stessa. Calcolano il livello di glucosio nel sangue studiando il fluido lacrimale (ecco come) e evitando così i prelievi continui di sangue, solitamente dal dito. In tal modo i diabetici potranno monitorare in ogni istante il livello di zucchero, con la possibilità di comunicare più velocemente con strumenti come i microinfusori. Potranno anche essere aiutati i pazienti con patologie all’occhio. Sopra vediamo una lente utilizzata per curare il glaucoma. In futuro le lenti a contatto 3D potranno sbarcare anche nel mercato consumer: fungeranno da display a realtà aumentata tridimensionale con i LED disposti in griglia che rimangono invisibili se spenti. Intanto si studiano anche modelli alimentati a energia solare.

Diego Barbera

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