L’elicottero modello controllato con il pensiero è l’ennesimo progetto che coinvolge una delle possibili tecnologie che faranno il boom nel prossimo decennio ossia il comando cerebrale che non si avvale di intermezzi, cavi o troppi dispositivi. Se non, ovviamente, caschetti e sensori che saranno sempre più miniaturizzati. Il progetto in questione arriva dalla società Puzzlebox (di San Francisco) e l’elicotterino controllabile dalle onde cerebrali è stato chiamato Orbit. Dall’8 novembre a oggi 14 ha già raccolto oltre 11.000 dollari su Kickstarter (ne chiedeva 10mila). Come funziona? È connesso a un’unita per l’elettroencefalogramma NeuroSky MindWave Mobile Electroencephalography (EEG) che capta l’attività del cervello e la invia al mezzo volante: l’utente dovrà concentrarsi e rilassarsi per pilotare al meglio il modellino.
Come affermano i vertici di Puzzlebox, quest’applicazione è puramente dimostrativa perché la tecnologia potrebbe essere poi sfruttata per una grande varietà di funzioni dall’entertainment al supporto per pazienti immobilizzati o paralizzati, dal mental focus alle tecniche di rilassamento. A settembre abbiamo anche visto un altro progetto simile, che però coinvolgeva un quadricottero invece che un elicottero, grazie all’ottimo lavoro dei ricercatori della Zhejiang University in Cina, che hanno applicato tecnologie esistenti e ben note per poter studiare possibili applicazioni mediche delle ultime trovate hitech. Il modello FlyingBuddy2 è stato infatti controllato con gli impulsi cerebrali catturati da un caschetto, inviati a un computer e da lì spediti Wi-Fi al quadricottero che si è così mosso secondo la volontà dell’utente. Il progetto sarà mostrato pubblicamente Ubiquitous Computing Conference di Pittsburgh il prossimo mese. Cosa c’entra un quadricottero con la medicina? Questi sistemi di controllo “mentale” potranno tornare utilissimi come supporto a pazienti affetti da determinate patologie.
Brindisys è un progetto italiano che potrebbe consentire ai malati di Sla di migliorare sensibilmente la propria qualità di vita. Soprattutto per i pazienti con stato avanzato della malattia – e, potenzialmente, per tutte le altre persone sfortunatamente paralizzate – sarà possibile effettuare comandi attraverso un’interfaccia cervello-computer grazie a un caschetto di elettrodi e un tablet. La speciale cuffia si indossa senza interventi invasivi e gli impulsi cerebrali saranno sfruttati per le varie azioni pre-impostate, con il tablet che fa da sponda. Si potrà così, ad esempio, accendere o spegnere luce o TV, aprire o chiudere porte e altro ancora.
Questa tecnologia si chiama Brindisys ed è tutta italiana visto che è frutto del lavoro dei ricercatori coordinati dalla Fondazione Santa Lucia di Roma e finanziato da importanti enti come la Fondazione Arisla e l’associazione dei pazienti Aisla. La Sla – ossia Sclerosi Laterale Amiotrofica – perdono gradualmente il controllo del proprio corpo e nella fase terminale sono come bloccati, imprigionati senza possibilità di movimento. Brindisys può aggirare questo limite e non si avvale nemmeno del sistema di riconoscimento del movimento oculare come gli attuali computer per la scrittura attraverso un display, che traduce poi gli input in voce sintetica. I muscoli degli occhi sono infatti tra gli ultimi a reggere. Ma con Brindisys basterà l’attività cerebrale, che rimane sempre attiva e perfettamente funzionante per tutta l’evoluzione della malattia.
Lo speciale caschetto di elettrodi viene indossato dal paziente (come nel caso del flipper controllato dal pensiero) e non richiede interventi invasivi al cervello. Si appoggia e da quel momento garantisce la cattura dell’attività della corteccia cerebrale. Via cavo, l’attività viene poi inviata a un tablet che serve da sponda per poi comunicare al computer le indicazioni. Nella pratica: il paziente vedrà un’icona con il comando desiderato, ad esempio una lampadina per la luce, la TV oppure una porta. Due caselle serviranno per l’istruzione, ad esempio acceso o spento, aperto o chiuso. Con determinati pensieri e dunque attività cerebrali (che dovranno essere adeguatamente allenate) si sposterà un pallino in una o nell’altra casella e si avvierà l’azione.
Un sistema affascinante e evoluto che però attualmente è ancora in fase di progettazione e di perfezionamento, non è ancora aperto ai pazienti. Per di più richiede una casa domotica per l’applicazione ossia di un appartamento con elettrodomestici, componenti (porte, finestre, ecc…) e completamente cablato e dotato delle tecnologie a supporto. E’ però un inizio e il sistema potrà rendere un po’ più confortevole la vita agli sfortunati pazienti di Sla.
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