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Perché Tetris è così amato? Per via dell’effetto Zeigarnik

Perché Tetris è così amato? Nel 1994, Jeffrey Goldsmith scrisse su Wired che il creatore del titolo ossia Alexey Pajitnov aveva confezionato un pharmatronic ossia un videogioco che causa la stessa dipendenza di una droga. In tutti questi decenni, infatti, Tetris è sopravvissuto a giochi ben più complessi e elaborati, perché? Pajitnov affermò: “È come una musica che continui a suonarti dentro, uno specifico ritmo e elementi visivi che rilasciano piacere, qualcosa di ipnotico“. Oggi, il dottor Tom Stafford dell’Università di Sheffield (Psicologia e Scienza) riprende un’altra possibile spiegazione sul successo di Tetris, che prende in considerazione l’effetto Zeigarnik

Secondo lui è dunque dovuto all’effetto Zeigarnik. Che cos’è? Prende il nome dallo psicologo russo Bluma Zeigarnik, che per primo la descrisse. È un fenomeno che definisce la volontà di completare assolutamente compiti semplici, che rimangono fissi nella memoria finché non si risolvono e poi subito dopo spariscono. Tetris – come molti altri videogiochi, ovviamente, ma forse in una forma più pura e immediata – è proprio così: ci fissiamo finché non si risolve (che poi, una vera fine non esiste) e successivamente si ricomincia, con la stessa soddisfazione “Di grattarsi dove prude. Ancora e ancora“.
 
Tetris è inoltre la dimostrazione che quando si dice che i videogiochi sono una perdita di tempo ci si sbaglia. Non tutti sono dei frulla-cervello che allontanano dalla realtà e rimbambiscono. Come dimostrato dal recente studio presentato alla British Psychology Society Annual Conference, giocare a Tetris può essere considerato una valida terapia per curare una patologia piuttosto seria come la PTSDPost-Traumatic Stress Disorder – ossia il Disturbo Post-Traumatico da Stress. E’ l’insieme delle sofferenze psicologiche dovute a un evento particolarmente traumatico, violento o catastrofico come ad esempio incidenti, aggressioni, esperienze estreme o ritorno dalla guerra. Il mitico giochino può aiutare a ritornare alla normalità, ecco perché.
 
Ricordo partite interminabili a Tetris con il Gameboy, fino a perdere ogni qualsiasi segno dei dermatoglifi sui polpastrelli e dunque la possibilità di lasciare impronte digitali. Sembrava un’attività fine a se stessa, che rendeva alienati e un po’ dipendenti. E invece il gioco può aiutare a superare una patologia grave e debilitante come il Disturbo Post-Traumatico da Stress (PTSD), che ogni anno colpisce milioni di persone vittime di traumi molto forti, che lasciano una sorta di “ferita aperta” nel cervello e modificano la quotidianità, i rapporti interpersonali e il modo in cui si approccia qualsiasi evento futuro. E’ una condizione che spesso colpisce i soldati tornati dal fronte oppure i sopravvissuti a incidenti, che hanno patito minuti, ore o peggio giorni interi di violenze, morti e immagini disturbanti. Sono soprattutto i flashback, ossia il rivivere il ricordo di quegli attimi che rendono opprimente questa patologia.
 
Ma secondo quanto osservato dai ricercatori Lalitha Iyadurai e Ella James della Oxford University in occasione dell’intervento alla British Psychology Society Annual Conference 2012, Tetris può aiutare a superare questo muro, sembra che possa agire proprio sui flashback su alcune altre sofferenze. Il perché è semplice: il giocatore si concentra su un compito molto specifico e prettamente grafico e visuale, in uno spazio limitato e definito. Cercando di muovere i blocchi e di incastrarli in modo tale da eliminare le righe e conseguire più punti possibili, senza raggiungere la vetta della “torre” e dunque il gameover può aiutare a recuperare la serenità perduta. Non solo i flashback saranno limitati (sono imprevedibili e “emergono” improvvisamente durante la giornata), ma anche l’irritabilità, la scarsa capacità di concentrazione e i disturbi del sonno.
 
Ovviamente non si tratta di una cura totale per il Disturbo Post-Traumatico da Stress ma di una valida arma per curarne i sintomi e può essere associata agli incontri con psicologi e psichiatri. Per provare questo studio si sono presi alcuni volontari e si sono impegnati con tre task per tre gruppi. Il primo era quello di rispondere a domande di argomento misto, il secondo di giocare a Tetris, il terzo di non fare nulla di particolare. I primi subivano più flashback, i secondi molto meno della media e i terzi rientravano nella media. “Tetris ha avuto un effetto protettivo”, ha spiegato la dottoressa Emily Holmes. Vi avevamo ad esempio già parlato dell’uso dei videogiochi nella cura di queste patologie, come nel caso dei reduci di guerra con la console Nintendo Wii.

Diego Barbera

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