Se un oggetto è nascosto dietro a un muro non si vede: sembra una verità inconfutabile, ma in realtà non è così. Una speciale fotocamera sviluppata dal MIT ha dimostrato che è possibile scavalcare questo limite andando a spiare ciò che è celato alla vista. Come funziona? Grazie a un laser che spara impulsi a intervalli regolari e grazie all’altissima velocità di otturazione della fotocamera stessa, che cattura migliaia di foto inviandole poi a un computer che, con complessi algoritmi, ricrea un modello 3D dell’oggetto nascosto. Nel video qui sopra è raccontato l’esperimento, ma scopriamo come funziona questa tecnologia interessantissima.
I componenti di questo esperimento sviluppato dal MIT (Massachusetts Institute of Technology) sono pochi, seppur complessi, come ci racconta Nature. C’è una fotocamera ad altissima velocità che può scattare foto ogni due trilioni di secondo: che è lo spazio di tempo in cui la luce percorre appena 0.6 millimetri. C’è un laser che spara impulsi a intervalli regolari e altrettanto rapidi e infine c’è un computer collegato a entrambi i macchinari, che controlla il laser e riceve le foto scattate dalla fotocamera. Ma cosa vede la fotocamera? Non vede “direttamente” l’oggetto, quanto il riflesso della luce che rimbalza sull’oggetto su una superficie visibile dall’obiettivo.
La procedura è molto semplice quanto efficace. Il laser invia un impulso, che rimbalza sul muro e da li in tutte le direzioni. Qualche fotone colpirà l’oggetto nascosto dietro il muro e a sua volta genererà un “contro-rimbalzo” che colpirà ancora una volta il muro iniziale. Rispetto ai fotoni inviati dal primo impulso, solo pochissimi saranno poi indirizzati verso l’obiettivo della fotocamera, che però grazie alle sue straordinarie performance di velocità potrà catturarli tutti. Ogni fotone rimbalzato e contro-rimbalzato nasconde informazioni sull’oggetto che ha colpito.
Le foto scattate dalla fotocamera sono così inviate a un computer che ricostruisce l’oggetto nascosto come se fosse un puzzle. Prende tutti i “ritratti fotografici” dei fotoni rimbalzati, calcola il tempo impiegato, l’angolo e la direzione e poi unisce tutte queste informazioni ricostruendo l’oggetto, in 3D per altro. Come una sorta di sonar evoluto, insomma, l’effetto eco permette di scavalcare l’apparente limite del muro. Nel video si può osservare come il modello al computer sia incredibilmente simile al vero oggetto.
Ma che utilità potrebbe avere questo sistema? Vengono in mente due possibili applicazioni. La prima è quella di poter osservare persone nascoste alla vista ad esempio per sistemi di videosorveglianza del futuro prossimo oppure per la ricerca di superstiti in crolli di edifici, tra le macerie, con i robottini incursori (come il “serpente” OmniTread) che possono “vedere” oltre ostacoli. La seconda è un’ispezione più profonda e precisa di macchinari e componenti miniaturizzati ad esempio nel settore industriale.
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