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Megavideo e Megaupload come Youtube non convince, Dotcom rimane in carcere

I legali di Kim Dotcom ossia il papà di Megaupload e di Mediavideo hanno giocato la frase ad effetto e hanno cercato di presentare alla corta i servizi dell’assistito paragonandoli a Youtube. Ma questa visione della vicenda non ha affatto convinto i giudici che al contrario hanno anche negato la libertà dietro cauzione per Dotcom, che rimarrà dunque in carcere in Nuova Zelanda fino al 22 febbraio prossimo. Per lui le posizioni si aggravano, si rischia una maxi multa e per il settore si rischia una vera e propria epurazione. Rapidshare è in pieno allarme.


Il gigantesco fondatore di Megaupload, Megavideo e Megaporn era stato arrestato la scorsa settimana nell’ambito dell’azione dell’FBI per la lotta ai portali che non rispettano i contenuti protetti da copyright. I servizi aperti da Kim Dotcom avrebbero generato una perdita di 500 milioni di dollari all’anno ai detentori di diritti, un buco nero che catalizzava tra l’altro il 5 per cento di tutto il traffico della rete. Da una vita piena di auto di lusso, jet privati, yacht, centinaia di donne nella sua Dotcom Mansion alla prigione neozelandese, la favola di Dotcom è finita.

Il ragazzone non potrà nemmeno godere della cauzione per la scarcerazione, d’altra parte i fondi sui mille conti bancari lo avrebbero liberato in un istante, ma le autorità vogliono trattenerlo per proseguire nelle indagini senza alcun rischio. L’avvocato Ira Rothken si è preso così due sberle nel giro di poche ore: poco prima non aveva convinto il suo discorso per la difesa dell’assistito. Aveva paragonato i servizi a Youtube.

Megaupload e Megavideo sarebbero sullo stesso piano di YouTube, che qualche anno fa aveva superato con successo le accuse di Viacom in merito a video caricati sulla piattaforma di Google protetti dal copyright. In realtà quella sentenza è servita per regolare il rapporto di contenuto e contenitore. Youtube accoglie video user-generated e non può certo visionare preventivamente tutte le clip, di conseguenza agisce ripulendo dietro segnalazioni e controlli di speciali software.

Ben diverso il discorso di Megavideo e Megaupload, che ora rischiano di generare un effetto a catena con la chiusura di tutti gli altri servizi, che sono corsi nel frattempo al riparo andando a limitare alcune funzionalità come ad esempio il file sharing. Probabilmente non basterà. E così Rapidshare pensa già non tanto a come difendersi quanto a come tirare giù nel fango più “colleghi” celebri possibili. Nell’intervista a FastCompany, il portavoce Daniel Raimer afferma che si farà chiudere il portale allora dovranno essere chiusi anche Youtube, iCloud e Dropbox. Difficile, se non impossibile che accadrà.
Diego Barbera

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