Come si è formata l’immagine della Sindone? Il Sacro Lino, conservato a Torino e prossimo all’Ostensione dal 10 Aprile al 23 Maggio, ha da sempre riscaldato le coscienze di studiosi, religiosi e scettici (tre insiemi con svariate intersezioni) tanto che ancora oggi, nel 2010, il mistero è quantomai attuale. Siamo andati a intervistare Giovanni Battista Judica Cordiglia, proprio nel capoluogo piemontese, a pochi giorni dall’esposizione del telo.
Giovanni Battista ha avuto il privilegio di trascorrere 72 ore a stretto contatto con la Sindone, col compito di fotografarla per la prima volta a colori, all’infrarosso e agli ultravioletti. Correva l’anno 1969 ed era dal 1931 che nessuno puntava l’obiettivo di una macchina fotografica sulla reliquia. In quei tre giorni e tre notti vissuti di un fiato, senza dormire, è lentamente emersa la sua teoria sulla formazione dell’immagine, un’ipotesi ancora oggi tra le più valide e considerate.
(Dopo il salto le altre due parti del video di intervista)
Dal figlio al padre: vi abbiamo mostrato le splendide immagini della Sindone in 3D Autostereoscopico, esclusiva della Juma Communication di Max Judica Cordiglia e ora spostiamo la data dal 2010 al 1969. Un salto indietro per soffermarci su una perizia di valore assoluto, quella di Giovanni Battista Judica Cordiglia, effettuata quarantuno anni fa dietro commissione della Santa Sede. Mistero, fascino, scienza e fede che si rincorrono e si confondono, inseguendo un traguardo che diventa sempre più luminoso e allo stesso tempo sempre più impalpabile e indecifrabile.
Ci racconta la perizia del 1969?
Ho fatto parte della commissione nominata dal Cardinal Pellegrino, formata da periti e esperti che dovevano verificare lo stato di conservazione della Sindone perché dal 1931 non era stata più aperta. E’ stato un incarico di grande responsabilità che ovviamente mi ha messo in agitazione, io avevo una trentina d’anni, ma soprattutto perché dovevo fotografare un reperto che non avevo mai visto, infatti nel ’31 non ero nato, c’erano alcune indicazioni di chi l’aveva vista ma in generale non erano in grado di darmi riferimenti precisi.
Che emozioni ha provato durante la perizia e anche dopo durante lo sviluppo della foto?
E’ stato straordinario. Preciso subito che l’ho avuta a disposizione per 72 ore e ovviamente non ho dormito perché a 30 anni queste cose si possono fare! Le riprese in bianco e nero mi hanno dato dei problemi al momento dello sviluppo e mi chiedevo come mai nel ’31 Enrie avesse ricavato delle foto molto molto belle.
E’ stato incaricato dalla Santa Sede, proseguendo una tradizione di famiglia iniziata col papà che effettuava perizie sulle reliquie dei santi. Anche suo figlio sta continuando il lavoro sulla Sindone
A partire dall’Ostensione del 1931 mio papà che era medico legale, docente all’Università di Milano, si è appassionato a questa straordinaria figura di quest’uomo che lui definiva “Dormiente nel sonno della morte”. Ha compiuto numerosi studi di carattere medico legale, ha scritto 14 libri, estendendo una perizia sulle torture di questa figura, di quel che ha patito in vita quest’uomo. E’ una perizia ancora attuale oggi, anche nel resto del mondo. Io a un certo punto ho iniziato a seguirlo, con l’incarico di effettuare queste riprese. Io dico sempre che sono nato succhiando latte e Sindone, perché nello studio di mio padre erano esposte due grandi riproduzioni, andavano e venivano dall’istituto di medicina legale ossa, teschi che lui utilizzava per la genesi dell’impronta.
Se potesse rimettere mano sulla Sindone utlizzerebbe altre tecnologie magari più moderne?
Cosa ne pensa delle teorie emerse nel secolo scorso sulla creazione delle immagini? Si è parlato di un dipinto, di un’impressione a caldo, addirittura della prima fotografia della storia.
Quando si avanza una teoria dev’esserci qualche paletto sul quale appoggiarla. La teoria del dipinto è stata assolutamente scartata, sono state effettuate analisi e non c’è traccia. Il dipinto ha una pennellata invece sulla sindone non esiste direzionalità. Esiste questa strinatura dei fili, delle fibrille della Sindone che sono nettamente evidenti e là dove ci sono le macchie di sangue io sono anche riuscito a fotografare dei coaguli. Che si sia formata a caldo d’accordo, ma bisogna anche spiegare come. Bisogna sempre tenere in conto che rappresenta un soggetto molto grande, un corpo umano nella sua parte dorsale e ventrale, senza sproporzioni, con giochi di luce e ombra tali che al negativo fotografico appaia più distintamente l’uomo. Avrebbero potuto utilizzare una statua, ma non sarebbe stato semplice, a mio avviso, soprattutto lasciando qualche elemento sulla Sindone che lo lasciasse intendere.
Mio padre e altri hanno pensato potessero essere stati gli aromi a lasciare questa impronta, ma non sono molto d’accordo perché esiste una trasmissione di liquidi per capillarità nel tessuto che avrebbe provocato qualche deformazione. Io resto convinto che è stato un violento lampo di luce o al limite, andando di fantasia, un fulmine che abbia colpito il corpo abbia dato origine alla figura. Sulla tesi della fotografia, c’è tutta una documentazione sui viaggi della Sindone che esclude questa tesi, la fotografia poi è stata scoperta molto tempo più tardi e non si vede perché allora nei seccoli precedenti alla nascita della fotografia non ci sia stata un’evoluzione.
Cosa ne pensa della datazione al carbonio 14?
Gli esami sulla datazione al carbonio 14 effettuati nell’88 sono ritenuti del tutto inesatti perché da un lato non si sono rispettate determinate procedure, dall’altro il materiale sottoposto alla radiodatazione era inquinato. A differenza di alcuni rotoli di Qumran, la Sindone invece ha sopportato cinque incendi, ha avuto più di mille ostensioni, quindi milioni di mani che l’hanno toccata, di bocche che l’hanno baciata… è un tessuto troppo inquinato per esami così delicati. Ma gli incendi e le bruciature sono gli elementi che portano un’alterazione netta su una radiodatazione corretta.
La sua teoria sulla formazione dell’immagine è quella di “Una violenta quanto improvvisa scarica elettrica”.
Io ho questa convinzione: l’impronta della Sindone è netta, precisa, senza deformazioni, ritengo che una situazione del genere si possa verificare in seguito a un fenomeno elettrico in quanto le cariche elettriche viaggiano parallele le une alle altre, per cui non porta deformazioni ma viene trasferita l’intensità dell’immagine a seconda della distanza che c’è tra il corpo e il telo.
Andrà a fare visita alla Sindone?
Certamente sì, oramai io e la Sindone siamo un tutt’uno. Non posso perdere quest’occasione anche perché può darsi che sia l’ultima volta che io la possa vedere. Vado con la stessa emozione, anzi per certi versi ancora superiore, perché dopo le mie fotografie mi piace vedere l’originale e osservare quali errori ho commesso e immaginare che cosa farei per non commettere più quegli errori
Il 1969 per la famiglia Judica Cordiglia fu un anno emblematico perché coincise anche con la straordinaria esperienza della diretta dello sbarco sulla Luna: Giovanni Battista e il fratello Achille erano già saliti agli onori della cronaca negli anni precedenti con l’ascolto delle comunicazioni tra i cosmonauti russi e americani con le stazioni a Terra e con la conseguente scoperta inquietante dei lanci falliti a causa dei quali diversi astronauti sovietici non fecero ritorno. Tutt’Italia seguiva le gesta dei fratelli alla radio con dirette e servizi dedicati. Vi abbiamo raccontato della storia dei radioascolti in occasione dell’intervista a Achille Judica Cordiglia per il quarantennale dello sbarco sulla Luna, presto ritorneremo da lui per una nuova videointervista. State collegati!
Per maggiori informazioni, ecco il sito ufficiale di Giovanni Battista Judica Cordiglia
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