Accanto all’entusiasmo di milioni di fan della Mela morsicata per l’iPhone è montata una specie di rivolta on line perché il cellulare da avere assolutamente non offrirà la possibilità di installare software di terze parti. La Apple, da Steve Jobs in giù, ripete la stessa canzone: un computer si può impallare, richiedere un riavvio o fermare senza che questo provochi una tragedia, un cellulare deve funzionare sempre. Oltre a questo, dice Jobs, non vorremmo spiegare alla Cingular (da poco acquistata da AT&T) che il loro network della West Cost è giù a causa di qualche software installato da un utente.
Queste spiegazioni non hanno presa e ci sono decine di siti che indicano tra gli aspetti negativi dell’iPhone quello appunto dell’impossibilità di installare programmi “terze parti” (oltre al fatto che abbia una fotocamera poco performante e in più senza flash, non abbia schede di espansione della memoria visto che 8Gb sembrano pochi quando uno carica un po’ di film e cose del genere) soprattutto considerando che il gioiellino sembra nato per un utenza business o tecnologicamente molto “avanti” e quindi che lo vorrà usare come il prolungamento dell’ufficio.
Sembra ragionevole a prima vista questa obiezione e lo è se non pensiamo al contesto e agli sviluppi che verranno. Analizziamo la situazione partendo da una domanda semplice: di cosa abbiamo bisogno ogni giorno nella nostra vita? Di Internet, ovviamente, con una connessione e un computer possiamo fare tutto quello che vogliamo, comunicare, informarci, lavorare, studiare, divertirci e via così. Visti gli affari (il mercato non cresce più ai ritmi impressionanti degli anni scorsi) presto anche le società di telefonia cellulare offriranno collegamenti a Internet a tariffe accettabili (speriamo) e quindi l’Internet Mobile sarà una realtà.
Se ricordiamo bene stanno nascendo (in realtà sono nati già da tempo) una serie di siti/servizi che svolgono compiti che di solito avrebbero svolto i computer come Docs & Spreadsheets di Google che offre un word processor e un foglio di calcolo che leggono, editano e salvano file “.doc” e “.xls”. Questa ondata di siti ha spinto un editore USA a coniare la definizione di Web2.0 e cioè la fase del web in cui i siti non si navigano ma si usano, che hanno un grado di interattività completamente nuovo rispetto al passato, tipico dei software che risiedono sul nostro hard disk. Di questa schiera fanno parte, oltre a quelli già citati, Google Maps, Digg, Flickr, del.icio.us e via così.
Tempo qualche anno questi saranno stati superati da servizi che stanno nascendo o nasceranno rendendo la nostra vita molto più dipendente dalla rete (lo scenario positivo prevede che avremo una vita più facile e serena, quello negativo che sareno degli schiavi incatenati ai computer). A questo punto perché preoccuparsi della possibilità di poter installare dei software su quella meraviglia del design quando con una connessione (e ovviamente Internet presto sarà accessibile dappertutto anche in autostrada o in montagna) avremo tutto il mondo alla nostra portata compresa la possibilità di editare documenti di Office?
Apple è sicuramente una società che il web lo capisce, è l’unica (o tra le poche) del “vecchio mondo” che ha usato a proprio vantaggio la rete (es. iTunes) e crediamo che abbia ragione, il web sarà una componente fondamentale dell’iPhone.
Come diceva Sun Microsystems “il network è il computer” (e adesso riusciamo a capire cosa intendevano)