Steve Jobs poteva salvarsi, ma rifiutò l’operazione: la conferma arriva dal biografo ufficiale del fondatore di Apple, Walter Isaacson, che conferma una rivelazione fatta dallo stesso ex-CEO recentemente scomparso. Nel 2003, a diagnosi decisamente precoce del carcinoma, era stato proposto a Steve Jobs di rimuovere il pancreas per avere buone chance di salvarsi. Ma Jobs rifiutò coscientemente, preferendo provare la via dei metodi non chirurgici. Di fatto, però, quest’attesa gli fu fatale perché poi la situazione clinica degenerò fino alla recente scomparsa, dopo otto anni di cure disperate.
Come ogni celebrità che scompare in modo prematuro, anche la morte di Steve Jobs sta generando un grande clamore mediatico. Qualche giorno fa uno studente di medicina aveva lanciato la (non) provocazione: poteva salvarsi, se si fosse affidato subito all’intervento chirurgico, visto che il tumore non era il tremendo adenocarcinoma pancreatico, ma una forma più rara.
Lo studente è stato immediatamente subissato di critiche e screditato, tuttavia, a sorpresa, arriva una mezza conferma dal biografo ufficiale di Steve Jobs, Walter Isaacson, che ha firmato uno dei libri più prenotati degli ultimi mesi. E’ vero – conferma Isaacson – Steve Jobs rifiutò l’intervento chirurgico, ma si pentì visto che questa scelta gli fu probabilmente fatale.
I medici avevano consigliato un’immediata rimozione del pancreas, ma Steve Jobs rifiutò, “Non volevo che il mio corpo venisse aperto, non volevo essere violato in quel modo“. Famigliari e colleghi di lavoro cercarono di dissuaderlo, ma Jobs (come suo solito) proseguì per la sua strada, con cure alternative tenute segrete a tutti. Il suo più grande errore? Probabilmente sì visto che poi la situazione clinica è degenerata e nove mesi dopo l’intervento si rese indispensabile. Ma era troppo tardi, anche il trapianto di fegato non servì a molto e il 5 ottobre scorso, il genio di Apple si è spento nella sua casa di Palo Alto.