Si aggiorna la vicenda su Google Suggest al centro della sentenza per diffamazione nei confronti di un imprenditore lombardo, tale A.B., che in alcune pagine italiane è apparso col nome per esteso. Arriva infatti la risposta ufficiale di Mountain View che va a riprendere i medesimi principi che già ieri avevamo avanzato a proposito di questa decisione che, seppur condivisibile, può creare un precedente scomodo. In realtà Google farà bene a fornire un tool per la richiesta di rimozione di suggerimenti diffamatori, tuttavia non è da incolpare visto che è frutto del lavoro dell’algoritmo interno.
Ricapitoliamo la vicenda brevemente: A.B. cerca il proprio nome&cognome su Google e scopre che il suggeritore automatico completa la ricerca con truffa o truffatore. Da lì scatta la denuncia per diffamazione che il Tribunale di Milano accoglie come lecita.
Google ha risposto ufficialmente alla sentenza affermando che non è da considerarsi colpevole e responsabile visto che il completamento automatico si basa su algoritmi informatici determinati dalle precedenti ricerche degli utenti e dunque non imputabili alla volontà di Goolge. Viene anche lasciato intendere che saranno ampliate le opzioni a servizio.
Si potrà insomma richiedere la rimozione di autocompletamenti diffamatori, così come già in Street View si può chiedere di oscurare la propria abitazione. Ma veramente la sola parola “truffa” o “truffatore” è considerabile come diffamatoria nei confronti di una persona? Le risposte dividono i giuristi, quel che rimane è un senso di disorientamento nei rapporti tra i tribunali e le nuove tecnologie, soprattutto quelle basate sul web.